Le massime del venerdì


Aggiornamento giurisprudenziale settimanale in collaborazione con l’associazione IgiTo – Istituto giuridico internazionale di Torino. N.B.: Le informazioni offerte sono di carattere generale, hanno fine meramente divulgativo e non sostituiscono in alcun modo l’assistenza di un professionista. Per informazioni: info@studiolegalegiannone.it.

1) DIRITTTO TRIBUTARIO. Riduzione del 50% dell’IMU per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto.

Con orientamento formatosi in materia di ICI, ma applicabile anche alla disposizione IMU, deve ritenersi che, nella ipotesi di immobile inagibile, inabitabile e comunque di fatto inutilizzato, l’imposta va ridotta al 50%, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 1, e qualora dette condizioni di inagibilità o inabitabilità accertabili dall’ente locale o comunque autocertificabili dal contribuente permangano per l’intero anno, il trattamento agevolato deve estendersi a tutto il relativo arco temporale, nonchè per i periodi successivi, ove sussistano le medesime condizioni di fatto. Pertanto quando lo stato di inagibilità sia perfettamente noto al Comune, è da escludersi il pagamento dell’ICI in misura integrale anche se il contribuente non abbia presentato richiesta di usufruire del beneficio della riduzione del 50%, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all’ente impositore.

(Corte di Cassazione, sez. VI civile, ordinanza 21 gennaio 2021 n. 1263).

2) DIRITTO DI FAMIGLIA. Genitorialità more uxorio: sulla regola del cognome paterno. 

E’ al vaglio della Corte Costituzionale la questione di legittimità dell’art. 262, primo comma, c.c. per contrasto con gli artt. 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU – nella parte in cui impone l’automatica acquisizione del cognome paterno in luogo di quello della madre o, previo accordo, di quello di entrambi i genitori.

La Corte costituzionale, riunita il 21.01.2021, ha esaminato la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Bolzano là dove non consente ai genitori di assegnare al figlio, nato fuori dal matrimonio, ma riconosciuto, il solo cognome materno. In attesa del deposito dell’ordinanza, l’Ufficio stampa della Corte fa sapere che il collegio ha deciso di sollevare davanti a se stesso la questione di costituzionalità del primo comma dell’articolo 262 del Codice civile che stabilisce come regola l’assegnazione del solo cognome paterno. Le motivazioni dell’ordinanza saranno depositate nelle prossime settimane.

(Corte Costituzionale, ordinanza 11.02.2021 n. 18)

3) LOCAZIONI. Le prime pronunce dei Tribunali italiani sugli effetti del lockdown e i canoni di locazione.

Il Tribunale di Venezia con ordinanza del 14/4/2020 ordinava ad una banca di non pagare ad una società proprietaria di un immobile con riferimento ad una fideiussione a garanzia di un rapporto di locazione, rilevando che apparisse “opportuno attendere, prima di disporre per il prosieguo, lo stato della normativa (…) visto che essa è in continua evoluzione e segue l’andamento della pandemia”.

Il Tribunale di Genova con decreto dell’1/6/2020, ordinava ad un locatore di astenersi dalla presentazione all’incasso di titoli cambiari in suo possesso emessi dal conduttore a garanzia del pagamento dei canoni di locazione dell’azione e del canone di affitto dei locali.

Il Tribunale di Bari nella sentenza 9/6/2020, riteneva che il giudice dell’esecuzione “ben può autorizzare (…) la rinegoziazione del contratto o decidere di attendere nell’emissione dell’ordine di liberazione, in considerazione delle peculiarità del caso concreto”, in relazione a proposte, effettuate dal conduttore, di ridurre al 60% il canone di locazione nei periodi da marzo ad aprile e del 50% da maggio a luglio 2020.

Il Tribunale di Catania nel provvedimento 30/7/2020 ha ritenuto che l’art. 91 del d.l. n. 18 del 2020, convertito con la l. n. 27 del 2020 – secondo cui il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione ai sensi e per gli effetti degli art. 1218 e 1223 cc. della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenza o penali connesse a ritardati o omessi pagamenti – incida nella valutazione della gravità dell’inadempimento del conduttore in relazione alla domanda di risoluzione del contratto.

Il Tribunale di Roma con ordinanza del 27/8/2020, in un caso in cui si chiedeva al giudice di ordinare di non escutere la fideiussione o di disporre la riduzione del canone di locazione, ha statuito che “sorge (…) in base alla clausola generale di buona fede e correttezza un obbligo delle parti di contrattare al fine di addivenire ad un nuovo accordo volto a riportare in equilibrio il contratto entro i limiti dell’alea normale del contratto” di locazione.

Il Tribunale di Venezia con la sentenza 30/9/2020, ha osservato – in un caso di sfratto per morosità intimato per mancato pagamento dei canoni di locazione da parte di una società utilizzare o quantomeno ha potuto utilizzare in maniera ridotta i locali nei mesi da marzo a maggio 2020 – che “non si può parlare di impossibilità assoluta di godimento, ma di una seppur significativa impossibilità parziale, dal momento che la disponibilità dei locali in sé e per sé considerata mai è venuta meno”, che è “pertinente il richiamo all’art. 1464 cc. riguardante l’impossibilità parziale sopravvenuta e che prevede in capo alla parte la cui prestazione di per sé non è divenuta impossibile la scelta fra la riduzione della prestazione e il recesso” e che quindi “pare opportuno trovare un accordo sulla quota di riduzione”.

Il Tribunale di Macerata con sentenza del 28/10/2020 secondo la quale “il rispetto delle norme di contenimento costituisce solo astratta causa di forza maggiore, la cui incidenza nel caso concreto deve essere dimostrata dal conduttore”.

4) RISARCIMENTO DEL DANNO. Caduta provocata da una buca su strada in zona di mercato: niente risarcimento dal Comune.

Passeggiare in una zona trafficata – quella di un mercato cittadino all’aperto – piena di gente, di bancarelle e di ombrelloni, e con una pavimentazione in pessime condizioni, richiede maggiore attenzione rispetto a quella utilizzata in assenza di tali variabili.

Applicando questa prospettiva i Giudici di merito hanno negato il risarcimento a un uomo, vittima di una brutta caduta in un mercato di una cittadina delle Marche, escludendo la responsabilità del Comune.

Inutile si rivela il ricorso proposto in Cassazione con cui il danneggiato ha sostenuto fosse ”onere del Comune custodire diligentemente la sede stradale, a maggior ragione per la presenza del mercato”.

A questa osservazione i Giudici della Corte di Cassazione hanno ribattuto considerando che “proprio lo stato dei luoghi, e cioè il giorno di mercato, l’affollamento, la presenza delle bancarelle e degli ombrelloni, avrebbe richiesto maggiore cautela da parte dell’uomo”. Di conseguenza, la caduta è riconducibile, concludono i magistrati, alla disattenzione della persona durante la passeggiata all’interno del mercato.

(Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza n. 5457/21; depositata il 26 febbraio).

5) DIRITTO AMMINSITRATIVO. Realizzazione di un caminetto e piscina in zona agricola.

E’ legittima una ordinanza di demolizione di alcune opere edilizie abusive, realizzate in zona agricola con vincolo idrogeologico, nel caso in cui i manufatti consistano in un caminetto (nella specie, si trattava, in realtà, di un camino in muratura, delle dimensioni di mt. 2,73×1,30×1,93, posto ad una distanza dal confine di metri 1,57, cioè ad una distanza inferiore a quella minima prescritta dalle norme urbanistiche comunali in metri 5) e in una piscina interrata, ancorché di non rilevanti dimensioni (nella specie, si trattava di una piscina interrata, con pavimentazione sporgente dal terreno di circa 10-15 cm); infatti: a) la violazione delle distanze dai confini comporta la sanzione della demolizione; b) la piscina non può considerarsi una arredo da giardino, ma un’opera urbanisticamente rilevante e certamente non amovibile né precaria, essendo stata realizzata mediante uno scavo del terreno, e, in quanto tale, vietata in zona agricola.

Nella motivazione della sentenza in rassegna, è stato osservato che, con particolare riferimento alla piscina, pur trattandosi di una struttura realizzata con materiali semplici e di prezzo contenuto, tuttavia è destinata a rimanere ivi collocata indefinitamente ed a soddisfare esigenze stabili nel tempo, mentre lo strumento urbanistico comunale vieta nella zona ove è stata realizzata qualsiasi opera edilizia.

(Tar Friuli Venezia Giulia, sez. I – sentenza 11 febbraio 2021 n. 48).